Descrizione
Quarta
Brillante, colta, erudita… L’opera di Calasso suscita ovunque ammirazione e nel plauso generale ha affascinato molti lettori. Espressione di un pensiero senza dubbio visionario, ma questo non basta: dove portano, in concreto, quelle pagine erudite? Oggi più che mai dobbiamo chiederci qual è l’approdo, ovvero il télos, della pagina calassiana, in cui si esalta così spesso l’elemento più selvaggio del paganesimo, lo stupro, il sacrificio, la possessione: fu solo il gioco intellettuale di uno spirito libero e, perché no, profetico? L’intuizione di un’attualissima Cassandra? O l’espressione di una corrente di pensiero ben precisa – la gnosi spuria, il nichilismo – volta a distrugger dall’interno le fondamenta stesse dell’Occidente? La domanda non è oziosa, né teorica soltanto: anche il cavallo di Troia era bellissimo a vedersi, ma portava nel suo grembo germi di dolore vero.
Citazione
«La Cultura se gestita da menti raffinatissime alla lunga vince sempre contro ogni e qualsivoglia strumento meramente economico. Il Potere sempre alberga nelle più lussuose e lascive boiserie delle Biblioteche».
Immagine di copertina
Salvator Rosa, Allegoria della menzogna,1651
Indice
Tra le pietre di Venezia
Flectere si nequeo superos Acheronta movebo
La camicia di Nesso
Deus Absconditus
Nella giungla fra Tailandia e Cambogia…
Awliyâ’ asch-Shaytân
Vous ne connaissez pas à suffisance ce monde
Gog e Magog
Per speculum in aenigmate
Per fas et nefas
La Société des Amis
Au cœur de la tempête
Fœtor gnosticus
Wahrheit macht frei
L’Innominato: Omicida sin dal Principio
Zauberflüte
Il Vecchio della montagna
Io ho riposto la mia causa sul Nulla
Theologia theatrica
The Roots of Trust
Post mortem
Autore
Danilo Fabbroni (n. 1956) è saggista, fotografo, velista. Autore di Rigging (2004), testo di arte marinaresca divenuto un vero e proprio caso letterario, dei saggi Sessantotto. magie, veleni ed incantesimi Spa (2017) e Huxley. Oltre la baia dell’umanità (2020), e del romanzo In debito d’ossigeno (2019). Collabora a diverse testate, fra cui il blog di Maurizio Blondet.
Recensioni
Danilo Fabbroni – Gospa News (22/09/2022)
Pubblichiamo qui di seguito le prime sedici pagine di Roberto Calasso. Un enigma insoluto, di Danilo Fabbroni:
Imperocché il combattimento nostro non è contro sangue e carne, bensì contro i principati, contro le potestà, contro i sovrani delle tenebre di questo mondo, contro la malvagità spirituale ne’ luoghi eccelsi. [Lettera di San Paolo agli Efesini, 6:12, in esergo a Norman Mailer, Il fantasma di Harlot, CDE, Milano 1991]
Nel Libro dell’angelo che risponde, un anonimo diario di rivelazioni del tardo Quattrocento, si trova un sistema demonologico in cui i due capi dei demoni […] con particolari incantesimi o rituali magici […] possono essere costretti a discendere e a rivelare segreti, fra cui il segreto dell’alchimia. [Moshe Idel, L’origine dell’alchimia secondo Zosimo e un parallelo ebraico, in Arturo Schwarz, Cabbalà e Alchimia. Saggi sugli archetipi comuni, Garzanti, Milano 2013]
Non è impresa facile esplorare il labirinto neognostico e comprendere il senso di idee che hanno lontana ascendenza in frenetiche elucubrazioni teologiche, tramandate da scritture cariche di simbologie e plasmate nel linguaggio dell’oscurità. Il ricercatore ha la sensazione di aggirarsi in ambulacri senza direzione e di allontarsi dal senso comune. [Piero Vassallo, Ritratto di una cultura di morte. I pensatori neognostici, M. D’Auria, Napoli 1994, p. 13]
Il circolo Toeplitz-Volpi varò il piano di ricostruire Venezia adescando quella che chiamavano “la brigada internazionale spendacciona”, il jet-set di allora, in modo da indirizzarla verso i lidi veneziani coi suoi hotel densi di glamour. Questa azione fu la base per la [futura] catena di hotel Ciga. Il figlio di Toeplitz rammenta che molto della rinnovata popolarità di Venezia fu dovuta a John Ruskin col suo libro Le pietre di Venezia, oggetto di un gran battage dell’epoca. Più tardi Volpi assieme all’entourage della Banca Commerciale Italiana fece costruire il complesso industriale di Porto Marghera, confinante con Venezia, nell’orbita della Montedison.
Certamente Venezia la Magnifica viene evocata, al giorno d’oggi, dalle trite amenità del ponte di Calatrava, del Festival del Cinema o delle navi da crociera e, non da ultimo, della Biennale delle Arti. Ma a uno sguardo appena più attento non sfugge che la città lagunare sia stata un’autentica pietra di paragone, non solo per la talassocrazia mediterranea di cui fu l’artefice, ma per l’ammirazione universalmente suscitata – in primis agli occhi di John Ruskin, personaggio tuttora chiave in certi circoli esclusivi di haut bord. Non ci è dato sapere se insito nelle ultime volontà di Roberto Calasso, quelle di venir tumulato tra le pietre del cimitero di San Michele, a Venezia, ci sia stato o meno un afflato di celebrare, a suo modo, la mitografica Città dei Dogi, ma di certo, potremmo dire che ogni gesto del deus ex-machina della casa editrice Adelphi e quindi della sua conseguente Weltanschauungkrieg, non fu mai frutto di un caso, di una semplice alea, visto che ha dedicato una vita allo studio dei Miti. Indagare oltre su questa scelta parrebbe fuori luogo, anzi, sconveniente, quasi a parlar della corda a casa dell’impiccato, specie ora, dopo aver assistito al tributo oceanico, quanto agiografico, assegnatoli post mortem che ha ecumenicamente abbracciato tutto l’arco costituzionale della Kultur, sino a degli aspettati bastian contrari che si son rivelati tutto meno che questo, Sossio Giametta a Marcello Veneziani, per non dire della standing ovation planetaria di tutta la cultura che conta, segno inequivocabile che il Personaggio in questione, in tutta la sua statura, era davvero la reincarnazione di quei magicien italici che gran parte dell’universo ha sempre ammirato incondizionatamente. Ma di quale pasta era composto questo Orizzonte di Gloria su cui si stagliava l’emblematico, enigmatico Calasso? La domanda è tanto più lecita e propriamente posta se si considera quanto è venuto a galla, a partire dal secondo Dopoguerra, grazie agli studi di vari giornalisti investigativi che hanno indicato l’Italia tutta come un Paese a Sovranità Limitata e quindi subalterno. Subalterno, lo ricordiamo, sta a significare che sono entità esogene a forgiare il Discorso Corrente, in maniera polivalente tanto sul piano culturale quanto su quello politico, economico, ecc… e chi è forgiato o rimane silente o non conta nulla o ambedue le cose. Tutto il contrario di quanto davvero abbia contato e pesato Roberto Calasso sullo scenario internazionale: come è stata possibile questa contraddizione in termini? Vedremo che in realtà non vi era alcuna contraddizione tra la subalternità del Paese e la fama del Personaggio, ma per giustificare questa conclusione, per ora affrettata, bisognerà porre al setaccio alcuni livre de chevet firmati dal Nostro. È precisamente ciò che ci accingiamo a fare.
Roberto Calasso, un Enigma Insoluto.
Bisogna credere […] nell’efficacia e nella realtà del mito. Pasolini, laico […] in questa realtà credeva.
Scrive Browne che il Diavolo ha il suo supremo trionfo quando fa credere che il Diavolo non esiste: Infine, per condurci ancor più addentro nell’oscurità, fino a smarrirci del tutto in questo labirinto d’Errore, fa credere agli uomini che non esiste una creatura come lui: e che egli non solo è soggetto alle creature inferiori, ma non conta nulla.
Questo è uno scartafaccio, che non solo non avrebbe mai dovuto vedere la luce ma non avrebbe mai dovuto essere stato pensato, neppure auspicato, in alcuna forma. Il perché è presto detto. Nel caleidoscopio delle vicende attuali, che ovviamente ha origini ben più antiche di quanto appare, legate ai centre initiatique delle varie Sovversioni Eretiche, in un’epoca così legata all’Eclissi della Ragione, allo Sconvolgimento della Logica, di ogni e qualsivoglia Principio Logico, uno studio come il nostro, estraneo al procedimento lineare dalla A alla Z – un passo alla volta, da A a B, da B a C e via di seguito – parrebbe dar ragione, tener bordone proprio a quell’impazzimento della Logica contro la quale combattiamo. Non solo. Saggi privi di logica, anzi, basati volutamente contro ogni logica, hanno impestato l’attuale temperie culturale in maniera esiziale; basti vederne la punta dell’iceberg, l’inanellato incedere delle edizioni Adelphi e del suo dominus Roberto Calasso. Questo basterebbe per astenersi da un’impresa del genere. Nondimeno occorre, ora più che mai, segnare un punto cospicuo nella cartografia generale, per scongiurar lo smarrimento della bussola, proprio in questo momento ove s’assiste all’offensiva belluina della ridda di fake news, queste invero perlopiù governative, che è immane, e d’altra parte la contro-offensiva della cultura alternativa, encomiabile quanto basta, soffre della grave e greve limitazione dovuta al suo taglio esclusivamente geopolitico, al suo approccio limitato alla sola economia politica e nulla più. In parole povere, indizio tra i tanti: la posa di questo o quell’oleodotto, la presa di quella zona geografica ad alta valenza economica, il merger tra questa o quest’altra holding, servono a spiegare davvero anche la vastità sconfinata, quasi insondabile dei variegatissimi comportamenti umani d’ogni forma, d’ogni genere. Eppure, nondimeno, in questa pregiatissima volontà di spiegare di tipo econometrico, esiste, si staglia sempre in maniera riverberante, accecante una zona grigia, una superficie opaca, che non permette di accordare la spiegazione generica – per quanto si sbracci a dimostrare, a indicare prove-provate, pistole fumanti del caso – con il senso ultimo delle cose. Sfugge in via ultimativa, in altre parole, al di là della teoria del caos oggetto della chiosa, il vero e definitivo cui prodest. Quello che tende a mancare, in ultima istanza, non è la chiarificazione lapalissiana ora, complessa un poco più innanzi, di chi ha mosso questa o quell’altra pedina, di chi ha tratto benefici materiali, squisitamente volgari, da questo o quell’altro schema o manovra, quanto a chi veramente giova il dispiegamento delle forze in campo, in quella maniera, in quella forma, in quella sostanza, in quei tempi e come queste forze siano state animate, coscientemente quanto incoscientemente. La nota disamina schmittiana, inerente ai ruoli giocati dalle Forze di Terra, di Aria e di Mare che ben si applica nei casi di analisi e strategie militari-belliche attiene sì a cose reali, ad analisi di dati, al recupero di informazioni e via di seguito, ma assegna allo stesso tempo un ruolo di magna pars agli arcana imperii. Noi ci vorremmo occupare invece del lato scivoloso, umbratile dell’Essere al Mondo o detta con san Paolo delle Potenze dell’Aria, cercando di capire, sempre che sia possibile davvero, se tali Potenze abbiano o no giocato un ruolo fondamentale nell’ascesa del Nostro verso la sommità dell’empireo culturale.
Insegna un Maestro, il Guénon, Cattivo Maestro invero… che certune manifestazioni, tangibilità, possono soltanto essere – testuali parole – indicibili: non dicibili. Horribile dictu in altri termini. Proprio di ciò vorremmo darvi alcuni scorci, viste, paesaggi, prendendo spunto da alcune manifestazioni del Terrorismo. Perché giammai? Per la semplice ragione che l’esercizio del Terrore, tanto quello artatamente sintetico delle Bande Nere marcate per comodità Isis quanto quello oggi più en vogue di natura epidemiologica, incarna alla perfezione più che perfetta, concreta, proprio quell’Ideologia manifesta del Nichilismo che sfocia nell’Illogicità Imperante a cui accennavamo poc’anzi. Affinché il processo di setacciatura del grano dal loglio risulti in qualche modo utile sarà bene riportare alla luce del sole i lacerti di una ricerca seminale che si distingue nella pletora immensa del Terrore. Eccoci allora sulla scena del rapimento Moro, ove compare, inspiegabilmente, un veicolo:
Morucci chiama Mini quella macchina […] il brigatista scrive che la presenza della Mini non è casuale: sono possibili solo due interpretazioni. O il brigatista vuole evitare che qualcuno si interroghi sulla presenza di quell’auto proprio in quel punto o la logica per la quale quell’auto si trova proprio lì, al posto del furgone del fioraio, gli sfugge perché appartiene ad un livello superiore al suo, che Morucci ignora […] “Il mostro lascia tracce a scopo didattico, per intimidire gli spettatori con l’esibizione della propria invincibilità. È come dire esplicitamente: Vedi? Non c’è niente da fare, il mio potere è assoluto. Parla pure, nessuno ti ascolta”. E tutti chinano la testa. […] un intreccio […] ove è arduo discriminare tra società mafiose e Servizi.
In questa citazione di Carlo D’Adamo si nota come abbia chiosato, immaginiamo inconsciamente, in uno stile prosaico i passi essenziali di Guénon sul wu-wei e cioè, sull’agire-non-agire, qui dispiegato al sommo livello. In sostanza gli utilissimi idioti, Lenin docet!, tronfi della loro missione suprema per l’Avvento del Nuovo Sole dell’Avvenire, pensavano, credevano, agivano, senza che sapessero nemmeno loro il fine ultimo. Ciò è spiegato benissimo ne L’eremita di Pechino, biografia di Sir Edmund Backhouse, sinologo britannico il quale gabbò a fondo e a più riprese i Servizi e gli homines intelligentia di mezzo mondo, contrapposti agli honesti homines. La quintessenza del suo operato viene descritta così in casa Adelphi (il libro è ovviamente edito da loro):
ai molti stolti che in ogni mistero vedono una mistificazione [ha mostrato con la dedizione di una vita intera] che la Mistificazione stessa è uno dei misteri più profondi.
Tutto ciò avvenne tale e quale nel caso di Guido Rossa, sindacalista genovese ucciso dalle Brigate Rosse. Giovanni Fasanella e la figlia della vittima, Sabina, hanno svelato che la dinamica del proditorio assalto a Rossa fu opera di un commando composto da una parte che voleva solo gambizzare mentre un’altra era decisa ad ammazzare. Anche in questo tragico episodio operarono più livelli, disconcentrici, i quali ignoravano, mutualmente, la loro stessa esistenza. Quindi le analisi socio-econometriche, sociopolitiche, geopolitiche, lasciano il tempo che trovano. Oggi saper, per intuizioni comunque, in quanto la prova provata nessuno l’ha portata sul banco degli imputati, che in via Fani abbia fatto centro quel Tizio della ‘ndrangheta o quel Caio dei Servizi o Sempronio di Gladio, è utile ma non svela alcunché. Solo se si comprende la strategia culturale e cultuale, di culto allora la congettura inerente può dar un senso agli avvenimenti. Il resto è disinformatsija. Alexandre Kojève del resto è chiarissimo nel suo discorso sulla Tirannia e sì che lui era un uomo Informato sui Fatti. Il Tiranno, antico od odierno che sia, ricerca soprattutto il consenso, anche forzato, di quella minoranza dissenziente che non appartiene alla sua claque storica. Coll’agire del Terrore Sintetico, ancorché Misteriosissimo, Mistificatorio al sommo grado, tutto si polarizza sempre di più verticalmente verso il Tiranno. Non per nulla ciò a cui assistiamo oggidì è il conformismo assoluto. Il cofondatore delle br, Alberto Franceschini:
Sul sequestro Moro […] ci sono cose che non possono venir dette […]. Francesco Marra era uno dell’Ufficio Affari Riservati, i Servizi […] c’è una verità accettabile […] una verità di regime […] ci sono alcune cose che possono essere dette e quindi accettabili ed altre cose che non possono essere dette e quindi non accettabili […] quello che andava distrutto di Moro era il suo impianto generale.
Emerge di nuovo quell’area grigia dell’Indicibile, dell’Innominabile, dell’Indescrivibile. Lungi da noi accettare la sfida impossibile di svelare questa cortina fumogena, consci più che mai che in quei limbi, in quei mondi, non esiste Verità possibile ma solo certa Mistificazione: una certa verità produce errori! Ci limiteremo a indicare certi Tropi, certe Costellazioni, certi Archetipi che immancabilmente accompagnano questa opacità del (come definirlo? come parlarne?) non-detto. A lettore il compito di tirare le fila del discorso, di unire i punti salienti, di comporre il mosaico finale, di scorgere l’Immagine spettrale dell’ideogramma del Mostro, lo Juggernaut del caso. Sergio Flamigni riporta en exergue al suo La sfinge delle Brigate Rosse, una strana autodichiarazione del capostipite delle br, Renato Curcio:
Ci sono tante storie di questo Paese che vengono taciute e non potranno essere chiarite per una sorta di sortilegio: come Piazza Fontana, come Calabresi, che sono andate in certi modi e che per ventura della vita nessuno più può dire come sono realmente andate. Sorta di complicità tra noi [brigatisti] e i poteri, che impedisce ai poteri e a noi di dire cosa realmente è successo.
Non si poteva immaginare giammai una simile chiarezza apodittica. Su tutto spicca il lemma sortilegio che nulla avrebbe a che vedere col tono della ricerca del Flamigni la quale ruota, giustamente, su fatti probanti, di nessuna caratura metafisica. Un sortilegio dunque? Non basta. Più avanti, a pagina 7, il biografo di Morucci riporta l’aggettivo irreale. Irreale: certo appare fuori luogo tale marcatura data a una vicenda come quella segnata dalla br, fatta di carne, sangue, fuoco, piombo, violenza reale e fattiva, di hybris tutta. Eppure così fu descritta la Tragedia, quasi a farci capacitare che oltre a ciò che vediamo, che abbiamo visto e che dobbiamo vedere ci si possa parar dinnanzi altro, un altro forse spostato su un piano focale, di un’altra lunghezza d’onda? Onde apparire sfalsato? Un’altra visuale per così dire?
Staremo a vedere. Per ora siamo increduli.
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