«Mentre si discute sulla proposta del ministro Bianchi relativa a introdurre lo studio della filosofia in tutti gli ordini di scuola secondaria di secondo grado (anche negli istituti tecnici e professionali, molto opportuna è la segnalazione di un piccolo, prezioso volume: I banditi della normalità, di Marcin Fabjański (Lemma Press, 174 pp., 12,90 euro). L’autore, convinto che la filosofia debba tornare alle sue origini, e quindi che, per prima cosa, debba rappresentare un aiuto concreto a superare le asperità dell’esistenza, aveva già pubblicato, nel 2019, per lo stesso editore Street Philosophy, in cui rivelava tutta la paradossale attualità del messaggio di Epicuro e dei maestri dello Stoicismo antico, anche nel nostro mondo postmoderno, tecnologico e iperconnesso. Con I banditi della normalità, Fabjański, fondatore fra l’altro, vicino a Roma, della Scuola Apenninica della Filosofia vivente, ci insegna sette forme di “terapia” dei mali della vita, praticabili grazie a sette filosofi che sono “fuggitivi della cosiddetta vita normale, ordinaria” (p. 10): Epicuro, Nietzsche, Montaigne, Epitteto, Laozi, Schopenhauer, Buddha. Sembrano fra loro diversissimi, ma hanno dei tratti comuni: sfiducia nella tradizione, fiducia nella natura, volontà di mettere in discussione la quotidianità, rispetto della virtù, pratica della compassione verso gli altri esseri senzienti e verso il cosmo intero: il libro suggerisce dunque una sorta di chirurgia contro i pregiudizi. Seneca definiva la filosofia come medicina dell’anima; chiediamoci allora: come vivremmo se la medicina fosse solo una scienza teorica? Malissimo. E quanto ci rimettiamo per il fatto che, oggi, la filosofia si riduce proprio a quasto?».
Dalla recensione di Silvia Stucchi, su “Libero” del 12/10/2021 a:
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