«Takyr, novella ambientata nel deserto del Turkmenistan, fu scritta da Andrej Platonov nel 1934 approfittando dell’occasione offertagli da Maksim Gorky: recarsi con una nutrita compagnia di scrittori fedeli al regime nella regione asiatica, celebrare con un’opera collettiva il decimo anniversario del Turkmenistan sovietico e così, dopo le censure subite, tornare a tutti gli effetti al suo ruolo di letterato. Ricordiamo infatti che Platonov ebbe il “torto”, col suo romanzo Vprok (A buon pro) di dare “una chiara rappresentazione dei pericoli insiti nella collettivizzazione forzosa”; per non parlare della sua appartenenza al “Valico”, rivista letteraria che, secondo le parole di Ettore Lo Gatto, “fu il raggruppamento più interessante del tempo per il numero di scrittori che vi appartennero, prova della resistenza alla letteratura proletaria, in nome di principi validi in tutti e tempi e luoghi. Tali principi erano negativi per la critica marxista […]”. Complice sicuramente la pregressa competenza di Platonov in merito alle bonifiche territoriali, a dire il vero, con Takyr, la celebrazione della missione sovietica, non balza subito agli occhi; semmai è il deserto in quanto tale, la vita al limite dei nomadi che percorrono terreni pesanti, simili a saline, tutti tracciati da profonde fenditure; appunto, il takyr […]».
Dalla recensione di Luca Menichetti, su “Lankenauta” del 13/11/2021 a:
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