Il premio Nobel assegnato nel 1933 a Ivan Bunin (aveva allora 63 anni e da 15 aveva raggiunto la folta colonia di émigrés russi in Francia) aveva certamente un implicito significato politico (antisovietico), eppure Stoccolma non sbagliò premiando uno dei più grandi prosatori dei ‘900 russo, un vero maestro di stile, come riconobbe anche l’Accademia svedese nella sua motivazione: “…per la severa maestria con cui continua a sviluppare la tradizione della prosa russa classica…”. A Bunin dispiacque – ma fu solo un’ombra passeggera – che non fosse stata presa in considerazione né ricordata la sua oopera poetica; ci teneva almeno quanto Nabokov […]. Ed era rimasto poeta: un intenso lirismo vive nei racconti elegantemente tradotti in italiano ne L’ombra di Huma (nella tradizione persiana medievale Huma è il leggendario uccello “la cui ombra elargisce potere e immortalità ovunque si posi”); non a caso l’autore li definitiva “poemi di viaggio”.
Dalla recensione di Serena Vitale, sul “Sole 24 Ore” del 01/04/2018 a:
- Ivan Bunin, L’ombra di Huma, Lemma Press 2018